L’ultimo bollettino della Regione Lazio emesso ieri, giovedì 31 agosto, parla chiaro: altri 22 neonati sono risultati positivi al test, salgono dunque a 79 i casi di contagio. “Le famiglie dei bambini interessati sono state già avvisate. Si tratta di 17 maschi e 5 femmine. Complessivamente – precisa la Regione – sono state effettuate 1.197 visite e test, di cui sono pervenuti 996 risultati, dei quali 79 emersi come positivi, con una media del 7,9%”.
Non è epidemia
79 casi è un numero che non deve preoccupare né deve indurre a parlare di epidemia. Lo spiega Giovanni Rezza, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità: “che ci siano stati dei contagi è innegabile, ma al momento non si può parlare di epidemia perché i controlli e la profilassi servono proprio a evitare l’insorgere e il diffondersi della malattia”.
Si mobilita il Comune di Roma
Il presidente della commissione Politiche Sanitarie di Roma Capitale, Fernando Aiuti, ha chiesto alla task force regionale i dati su coloro che hanno contratto il virus Tbc per far sì che anche il Campidoglio possa contribuire alla prevenzione. L’idea è quella di avviare un’attività di prevenzione negli asili nido della città, qualora ne risultasse la necessità.
“La commissione continuerà a trattare la problematica in argomento e si riunirà nei prossimi giorni per ascoltare il parere di esperti ed eventualmente rafforzare le misure di prevenzione sia nei campi nomadi che nelle scuole di competenza di Roma Capitale” ha dichiarato Aiuti.
Il Codacons all’attacco: dateci risposte
Ancora nessuna risposta da parte della Regione Lazio ai tre quesiti posti dal Codacons e cioè “Dove lavorava come infermiere il marito dell’infermiera del Gemelli? Lavorava già nel 2004, quando aveva la pleurite tubercolare? L’illustre commissione incaricata dalla Polverini deve accertare anche questo o no?”
Così l’associazione, costituendosi parte civile attraverso gli avv.ti Alessia Stabile e Claudio Coratella e utilizzando la legge sulle informazioni difensive, ha convocato per il giorno 14 settembre sia la Presidente Renata Polverini, alla quale verranno ribadite le tre domande, sia il marito dell’infermiera del Gemelli, Massimo P, al fine di avere esatte informazioni sui reparti e sugli ospedali presso i quali lo stesso ha lavorato come infermiere, prima, durante e dopo la malattia contratta.
La procedura utilizzata dall’associazione è consentita dall’art. 391 bis c,p.p, che permette di conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa.
Secondo alcune indiscrezioni raccolte dal Codacons – è un comunicato dell’associazione a riferirlo – il marito dell’infermiera avrebbe lavorato come operatore socio-sanitario presso Villa Speranza, struttura connessa al Policlinico Gemelli e dedicata alla cura dei malati oncologici, e avrebbe preso parte ad un concorso presso la Asl Rm B.
Al Codacons appare quanto mai singolare che ora di Massimo P. nessuno sappia nulla, nè il Gemelli nè la Regione Lazio, cui spetta il compito di controllo e vigilanza sulle strutture sanitarie del territorio, comprese quelle convenzionate con il SSN.
“E’ di tutta evidenza come, allo stato attuale delle cose, si renda necessario conoscere nel dettaglio le strutture dove ha lavorato l’infermiere Massimo P., ed effettuare accertamenti anche su chi ha avuto contatti con il soggetto, in modo da verificare ulteriori contagi e delimitare una possibile epidemia – afferma il Presidente Carlo Rienzi – La vita di chi è stato contagiato, infatti, è continuamente a rischio, perchè la malattia può esplodere compromettendo pleura e polmoni. Per questo è indispensabile individuare coloro che, essendo entrati in contatto con soggetti malati, potrebbero risultare postivi ai test’.
E proprio l’elevato numero di soggetti risultati positivi ai controlli escludono per il Codacons la fattispecie di lesioni colpose. I reati per cui procedere sono quelli di epidemia e di disastro colposo, motivo per cui l’Associazione ha presentato in tal senso una formale richiesta ai Pm che indagano sulla vicenda e alla Procura Generale della Corte di Appello di Roma.
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