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Cassia – Tomba di Nerone in un sonetto del Belli: “Un deposito”, ovvero la sepportura de Nerone

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Giuseppe Gioacchino Belli è senza ombra di dubbio uno dei nostri poeti più importanti: con i suoi sonetti in vernacolo ha dipinto in modo sublime un ritratto fedele e vivissimo del modo di pensare e di comportarsi della plebe della Roma del XIX secolo. Forse non tutti sanno che nell’opera belliana c’è un sonetto intitolato “Un deposito”, interamente dedicato alla cosiddetta “Tomba di Nerone”.

Nel corso del Medio Evo si diffuse una credenza popolare secondo la quale il monumento funebre, dedicato a Publio Vibio Mariano e posto sulla via Cassia all’altezza del km 9,800, fosse invece la tomba dell’imperatore Nerone. Gli strascichi della leggenda sono in qualche modo arrivati fino ai giorni nostri tant’è che quella zona della via Cassia è tuttora indicata con il toponimo di Tomba di Nerone.

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Il Belli, che nella sua straordinaria produzione ha ritratto “le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettuosa ed arguta…col concorso…di una favella guasta e corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca”, per usare le sue stesse parole, si diverte non poco ad essere irriverente nel suo sonetto “Il deposito” dedicato alla cosiddetta tomba di Nerone.

In questa poesia, prendendo a pretesto una sigla contenuta nell’epigrafe ed equivocandola di proposito, il monumento funebre viene equiparato ad una cassa da maneggiare con cura (già il titolo del sonetto è in qualche modo rivelatore) e la realtà dei fatti, ossia che quella di cui parla è la tomba di Vibio Mariano, diventa la diceria di un fornaio (il termine, meraviglioso, che il poeta usa per indicarlo è “l’artebbianca”: il mestiere, e per estensione, la persona del fornaio) che in modo mirabile e crudo descrive la causa della morte di “un certo sor Mariano”.
Belli, che nei suoi sonetti rappresenta sempre il punto di vista del popolo, non sappiamo in che misura condividendolo, asseconda, per fini poetici ed umoristici, la tradizione popolare secondo la quale quella è la sepoltuta dell’imperatore Nerone e fa due ipotesi sull’incongruenza con quello che, invece, viene riferito dal fornaio e si può ricavare dalla lettura dell’epigrafe: o il morto è stato scambiato con un altro (“sbarattato”) e allora ci si meraviglia che il governo non vi abbia posto rimedio, oppure chi ha scritto l’epitaffio era un balordo e uno stupido.

Ecco come un grandissimo poeta, che attraverso i suoi versi riesce a trasmettere anche la pronuncia e i suoni del romanesco del XIX secolo, consegna all’immortalità una zona di Roma Nord.

Giovanni Berti

Un deposito

Dove nassce la cassia (1),
a mmanimanca (2),
nò a ppontemollo, tre mmía (3) piú llontano,
ce sta ccome un casson (4) de pietra bbianca
o nnera, cor P. P. der posa-piano (5).

Lí, a Rromavecchia, ha dditto l’artebbianca (6),
ce sotterronno un certo sor Mariano,

che mmorze de ‘na palla in una scianca (7)
a la guerra indov’era capitano.

Duncue, o cqui er morto è stato sbarattato (8);
e allora me stordisco de raggione
ch’er governo nun ciabbi arimediato.

O cchi ha scritto er pitaffio (9) era un cojjone:
perché, da sí cch’er monno s’è ccreato,
questa è la sepportura de Nerone.

In legno, presso al Sepolcro di Nerone.

De Pepp’er tosto – 11 ottobre 1831

Note
1 Un equivoco preso dalla Via Cassia, che si può dire iniziasse a Ponte Milvio
2 “A mmanimanca”: sulla parte sinistra
3 “Mmía”: contrazione del termine “miglia”
4 “Casson(e)”: sepoltura, bara
5 “cor P.P der Posa Piano”: Belli gioca volutamente con l’equivoco: la sigla P.P., contenuta nell’epigrafe, indica due qualifiche del sepolto (cioè di Vibio Mariano): Proconsole e Preside della Provincia di Sardegna, ma il poeta tira in ballo, invece, la sigla che indicava l’avvertenza che veniva apposta sugli imballaggi contenenti oggetti fragili o delicati: P.P., ossia “Posa Piano”, l’attuale “fragile” o “maneggiare con cura”.
6 “L’artebbianca”: letteralmente indica il mestiere del fornaio. Nel testo, e per estensione, identifica la persona del fornaio.
7 “Scianca”: gamba
8 “Sbarattato”: scambiato, barattato
9 “Pitaffio”: epitaffio.
NdR: Per la compilazione delle note abbiamo consultato il “Dizionario Romanesco” di Fernando Ravaro e il libro “Tutti i sonetti romaneschi di G.G. Belli – edizione integrale” a cura di Marcello Teodonio (entrambi pubblicati da Newton Compton Editore).

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