Nelle sale del Museo Fondazione Roma in via del Corso 330, è aperta dal 16 febbraio una grande mostra su Edward Hopper, il più popolare e noto artista americano del XX secolo, con una grande rassegna antologica senza precedenti nel nostro paese. Suddivisa in sette sezioni, la mostra ripercorre tutta la produzione di Hopper dagli anni in cui studiava a Parigi – con il capolavoro di questo periodo Soir Bleu – fino al periodo “classico” e più noto degli anni ‘30, ‘40 e ’50, per concludere con le grandi e intense immagini degli ultimi anni.
Un percorso, a cura di Carter E. Foster, che attraversa tutta la produzione di Hopper e tutte le tecniche predilette dall’artista, l’olio, l’acquerello e l’incisione, con particolare attenzione all’affascinante rapporto che lega i disegni preparatori ai dipinti: un aspetto fondamentale della sua produzione fino ad ora ancora poco considerato nelle rassegne a lui dedicate. In mostra eccezionalmente anche uno dei suoi Artist’s ledger Book, i famosi taccuini che riempiva insieme alla moglie, dove si vedono abbozzati molti dei suoi dipinti a olio. Il visitatore avrà la possibilità, tramite un touch screen, di sfogliarne una riproduzione virtuale.
L’artista. Nato e cresciuto a Nyack una piccola cittadina nello Stato di New York, Hopper studia per un breve periodo illustrazione e poi pittura alla New York School of Art con i leggendari maestri William Merritt Chase e Robert Henri. Si reca in Europa tre volte (dal 1906 al 1907, nel 1909 e nel 1910) e soprattutto le esperienze parigine lasciano in lui un segno indelebile, alimentando quel sentimento francofilo che non lo avrebbe mai abbandonato, anche dopo essersi stabilito definitivamente a New York, dal 1913. Alto un metro e novanta, nonostante la forte presenza fisica, era famoso per la sua reticenza, scriveva o parlava pochissimo del suo lavoro. Scomparso all’età di ottantaquattro anni, la sua arte gode della stima della critica e del pubblico nel corso di tutta la carriera, nonostante il successo dei nuovi movimenti d’avanguardia, dal Surrealismo all’Espressionismo astratto, alla Pop art. Nel 1948 la rivista “Look” lo nomina uno dei migliori pittori americani; nel 1950 il Whitney Museum organizza un’importante retrospettiva su di lui e nel 1956 il “Time” gli dedica la copertina. Nel 1967, l’anno della sua morte, rappresenta gli Stati Uniti alla prestigiosa Bienal di São Paulo.
Da allora, l’opera di Hopper è stata celebrata in diverse mostre e ha ispirato innumerevoli pittori, poeti e registi. Eloquente il tributo del grande John Updike che in un saggio del 1995, definisce i suoi quadri “calmi, silenti, stoici, luminosi, classici”.
Fondazione Roma Museo, Via del Corso 320 – 00187 Roma
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Hopper a Roma???!!! Ma è fantastico!Pensavo che facesse tappa solo a Milano. Vorrei
riuscire a vederla ma da Lecce è impossibile venire a Roma in giornata..nonostante la tanto pubblicizzata Freccia Rossa.
Io ho visto la mostra a Milano e la rivedrei volentieri. Uno dei quadri l’ho portato all’esame.