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Safari verde a Villa Ada

Galvanica Bruni

apertura-villa-ada.jpgCapita a volte nel corso di una passeggiata che i nostri figli ci chiedano il nome di una pianta o di un albero; per tentare di rispondere dobbiamo cercare affannosamente nella nostra memoria qualche vago ricordo salvo poi concludere, con imbarazzo, che proprio non lo sappiamo…

Ecco allora venirci in soccorso Silvia Arbicone che ha avuto una felice intuizione; profonda conoscitrice di Villa Ada ha descritto, in un libricino, cinque facili percorsi lungo i quali è possibile incontrare gli alberi da lei sapientemente illustrati. E non è che bisogna andarli a cercare perché con una semplice descrizione quasi ci vai a sbattere contro.

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Villa Ada con i suoi 180 ettari è uno dei più grandi e bei parchi d’Italia e d’Europa; inizialmente proprietà dei Pallavicini fu successivamente venduta ai Savoia che realizzarono al suo interno la Palazzina Reale, le Scuderie e le Serre mettendo a dimora oltre 100 mila piante.
La villa poi fu venduta ad Emilio Ritcher (che la chiamò Ada, come la moglie) e poi riacquistata da Vittorio Emanuele III.
Alla fine della guerra il grande parco venne acquisito dal Demanio che lo assegnò successivamente al Comune di Roma che ne fece un parco pubblico.

Silvia, che ama e conosce gli alberi, più volte ha fatto la guida ad amici e studenti e ora ha raccolto la sua esperienza in “Incontri con gli alberi di Villa Ada” (Edizioni IntraMoenia), una piccola guida che nel corso di facili passeggiate ci consente di fare la conoscenza con alcune delle 1300 specie presenti nei giardini di Roma.

Seguiamo ad esempio il “Percorso delle Palme” che prevede il riconoscimento di 8 alberi.

Il percorso (poche centinaia di metri) ha inizio dall’ingresso sulla Via Salaria, quello che all’esterno ha le due belle teste di cavallo in bronzo; varcato il cancello e lasciato sulla sinistra il bar, ci troviamo davanti i primi alberi. Poi, spostandoci di pochi metri e scendendo verso il laghetto di Viale Pintor, troviamo gli altri.

I primi (1) sono le slanciate Palme delle Canarie (l’albero della vita al centro dell’Eden) più sottili delle comuni palme da dattero; a destra si trovano invece le Palme Nane (2). Dietro di queste (3) è possibile osservare tre Palme Cinesi dalle foglie a ventaglio e il tronco rivestito di feltro nero.

Scendendo verso il laghetto (da anni è diventato il ricovero delle tartarughe acquatiche che troppo cresciute per stare in acquario finiscono a Villa Ada) c’è un lungo filare di Tigli; il Tiglio (4) è un albero legato al Culto della Grande Dea Madre simbolo di nascita e morte. I suoi fiori emanano un profumo intenso e conturbante.

Al termine del filare troviamo i tormentati Alberi di San Bartolomeo (5) più conosciuti con il loro nome scientifico di Lagestroemia; provenienti dalla Cina fioriscono da Luglio a Settembre.

Davanti agli alberi di San Bartolomeo c’è una fila di Acacie di Costantinopoli (6), originarie della Cina e Iran e poco distante un bellissimo Cipresso (7).

Il Cipresso (Cipressus semprevirens) è simbolo di immortalità e resurrezione e per questo viene piantato nei cimiteri (“All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?”).

Il primo itinerario termina (8) con il Sambuco Nero (vicino alla fontanella e tra due fichi); pianta proveniente dal Caucaso con i cui ramoscelli “si costruiscono flauti magici che fanno scomparire la tristezza”.

Conoscere i nomi degli alberi non è forse la cosa più importante del mondo però Vladimir Nabocov, autore di “Lolita”, ad un giovane che gli chiedeva cosa dovesse sapere un bravo scrittore rispose semplicemente: “Sai dirmi il nome di quell’albero laggiù?”.
Evidentemente non era un “bravo scrittore” perché non lo sapeva.

Francesco Gargaglia

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